

MAXALTO 50TH ANNIVERSARY
1975 – 2025
Maxalto nasce con un nome altisonante, ma anche molto radicato nel suo fare, perché significa “il più alto” e viene dal dialetto veneto “Massa alto”. Già da questo dichiara il suo imprinting: l’eccellenza, l’alto di gamma, usa un linguaggio internazionale, senza tempo, ma anche un idioma locale e autentico come quello artigianale, abituato a parlare poco e fare molto, una comunicazione meno verbale affidata a gesti sapienti.
Nel 1975 l’avventura di Maxalto sorge da un desiderio di Piero Ambrogio Busnelli, fondatore di B&B Italia nel 1966, di creare un’azienda in grado di tutelare, esaltare e mantenere in buona salute le tecniche artigianali di grande tradizione, portatrici di storie umane e creatrici di oggetti bellissimi. È così, la tecnologica e avanguardista realtà della B&B Italia, dove gli imbottiti schiumati stavano rivoluzionando il mondo dell’arredo, decide di volere al suo fianco una dimensione antica e presente, credendo nella sua longevità futura. I Busnelli sognano – e realizzano – pezzi senza tempo e inaugurano questo tragitto con Afra e Tobia Scarpa che disegnano modelli intrisi di dialoghi con gli artigiani. Sembra quasi che, ad avvicinare l’orecchio agli arredi, si possano ancora sentire i rumori degli strumenti da lavoro e le poche essenziali frasi di chi fa, sussurrate a chi spinge la visione oltre quel fare.
“Sono contenta – scrive Afra Bianchin Scarpa in quei primi anni - che alla Maxalto, forse inconsciamente, si sia tentato di riallacciarci, in qualche modo, all'esperienza dell’ebanista, nell'usare il legno massiccio, il legno intagliato, di riproporre la ricchezza della radica, che sola ha ragione di essere impiallacciatura, di ricordare con la vernice trasparente lucidissima la vecchia lucidatura a stoppino (mi piacerebbe tanto poter regalare al cliente Maxalto un pezzetto di legno con la "vera" lucidatura a stoppino, perché possa conoscere e giudicare la differenza). E ancora il cuoio con le cuciture da sellaio e i cuscini di piuma della bergère, le lacche poliestere a ripresa delle "cineserie" in voga ai tempi delle nostre nonne...Tutto perché l’uomo si senta parte della storia”. .
Queste parole, rilette oggi, sono ancora estremamente puntuali e pertinenti. Si parla di tecniche e di materiali, di visione e di tattilità. E di arredi in grado di far sentire l’uomo parte della storia, attraverso un quotidiano di qualità. Dopo questa prima significativa collaborazione con Afra e Tobia Scarpa, nel 1993 per Maxalto si apre un nuovo capitolo, di cui Antonio Citterio diventa unico autore.


Quando Antonio Citterio entra in Maxalto pone l’accento sul DNA di quel mondo di arredi da veri intenditori, mobili da godersi lentamente come una bottiglia di brandy invecchiato. L’architetto dichiara di voler condurre una ricerca sulla stanza borghese e sul gusto di inizio Novecento, trovando inizialmente riferimenti privilegiati nelle tipologie e nel linguaggio del design francese tra le due guerre – quali l’immaginario di progettisti come Jean Michel Frank, che ingentiliscono le geometrie talvolta costrittive del Modernismo - e, nel corso degli anni, sempre nuove espressioni che interpretano con efficacia le tendenze estetiche contemporanee.


“C’è un filo che ho seguito nel disegnare le collezioni Maxalto: il senso della stanza borghese e della tradizione del secolo scorso -
dice Antonio Citterio - Ogni pezzo recita la sua funzione celebrando un rituale solido e rassicurante. Lo scrittoio è uno scrittoio, e non altro, e il suo luogo è quello della concentrazione. La memoria da cui nasce Maxalto si ritrova nelle proporzioni serene, nel valore tattile dei materiali, sia esso legno, oppure lacca o marmo, ma è una memoria attraversata da un vento contemporaneo che si riconosce nella lezione dei più grandi interior decorator del Novecento”. Parla di proporzioni serene, di valori tattili.


Passando per le diverse collezioni il paesaggio domestico delineato da Citterio in circa trent’anni di collaborazione è forte del suo essere non solo senza tempo, ma anche “senza aggettivi”, come avrebbe amato dire Gio Ponti.


Una sedia Maxalto è tale senza dover ricorrere a definizioni di stile. Per descriverla è più utile parlare delle qualità del suo materiale, dei giunti sapienti che ne collegano le parti, della sobrietà delle linee non pensate per una, ma per tutte le stagioni. Spiega bene Citterio che
“Quando si inizia un percorso di progetto che vuole creare non solo oggetti ma un’intera idea di ambiente, non sempre è chiaro l’obiettivo finale: occorre mettere via via a fuoco ciò che all’inizio sembra sfuocato, lavorando con pazienza sulle forme, le strutture e i materiali.


"Così il mio percorso con Maxalto inizia idealmente, a metà degli anni 90, con una visione: un’immaginaria scena teatrale di ambiente borghese, di ispirazione francese, dove nascono i primi prodotti in cui ho cercato di combinare piacere estetico e funzionale”.
Antonio Citterio


Le pagine dei cataloghi aziendali sono definite dall’architetto come quelle di una biografia, in cui ha inserito tanto della sua maniera di incidere sulla storia del design, senza mai urlare la propria cifra, sempre facendo un passo discreto e indietro rispetto al prodotto stesso. E, in un mondo che fa anche fin troppo rumore, la compostezza si distingue, eccome.


Oggi il piacere derivato da questi ambienti completi, intrisi di serenità espressa nei materiali, nelle linee, nelle cromie, si arricchisce della possibilità di progettare insieme al cliente finale un ritratto in forma di arredo, definendo un progetto che è unico come la personalità di chi lo abiterà.


Progettare insieme alla guida di esperti diviene così espressione del vero lusso, quello del tempo dedicato e della cura di uno scambio fatto di ascolto e condivisione. Perché da cinquant’anni gli arredi Maxalto parlano attraverso le mani di chi li disegna, di chi li realizza e di chi li accarezzerà per una o forse più vite familiari. Ci piace pensare che quel pezzetto di legno con una finitura artigianale autentica sognato da Afra Scarpa sia oggi nelle mani di chi sa apprezzare la preziosità di lavorazioni uniche e di oggetti che sanno parlare anche nel silenzio.